Il tuo corpo e le relazioni professionali

Il tuo corpo e le relazioni professionali

 

 

 

Anche a voi le foto a figura intera imbarazzano tanto?

Il timore di essere catturati in tutte le nostre imperfezioni, di essere immortalati in un’immagine di noi che non ci rappresenti, e che tuttavia diventa un imprinting per gli altri, con cui ci incasellano ed etichettano.

L’imbarazzo ci spinge a sorridere ed infilare le mani in tasca e rassegnarci al fatto che non ci riconosceremo mai in quella immagine che la foto ci propone.

Non sono mai riuscito a comprenderne il motivo, finché non ho approfondito il tema del dismorfismo corporeo e prendere consapevolezza del fatto che ci son sempre stato dentro, fin da piccolo, e per ragioni che non sto qui a spiegarvi.

Per essere più chiaro posso però condividere che a 13 anni ne dimostravo 20; a 40 anni ne dimostravo 30.

“Che figata!”, uno pensa, e invece no; vi assicuro NO, in particolare quando di anni ne hai tredici e ne dimostri venti!

Oggi capita che qualcuno non mi dia i miei quasi 45 anni suonati, ma ormai ci ho fatto pace e quelle leggére brizzolature che si intravedono, mi stanno tranquillizzando parecchio.

Gli effetti del dismorfismo spiegato al bar:

davanti ad un “complimento” anziché gioirne rimaniamo perplessi, non crediamo mai fino in fondo quando una persona ci dice: “mi piaci, sei gradevole” , pensiamo sempre che ci dev’essere per forza qualcosa dietro, viviamo malissimo in un contesto dove l’aspetto esteriore ti qualifica come persona, questo succede sia nei contesti professionali, che in quelli privati.

 

Come reagiamo generalmente?

Se ne abbiamo gli strumenti mentalizziamo tutto, potenziamo le nostre facoltà e in qualche modo ci stacchiamo dal corpo, dimenticandoci che ne abbiamo uno.

Lo facciamo per molto tempo, per anni.

Alcuni lo fanno per tutta la vita. Lo curiamo il giusto, ma è tutto un fatto mentale e lo facciamo per la mente.

Anche le nostre relazioni più profonde diventano quasi esclusivamente cerebrali, e se queste non raggiungono alcuni livelli di profondità non sono davvero soddisfacenti.

 

Ora parlo della mia esperienza:

arriva poi un punto in cui il tuo corpo non sei più tu, e chiunque sia interessato anche al tuo aspetto fisico non è di fatto interessato a te, chiunque ti generi un “complimento” sul tuo aspetto fisico è perché “non sta vedendo davvero chi sei” e quindi si crea distanza ed allontanamento.

Questo è il dismorfismo, questa è una distorsione, che distorce te stesso e distorce le tue relazioni e il tuo senso dello stare al mondo.

E se “disgraziatamente” o fortunatamente nasci con un aspetto gradevole questo può avere effetti più complessi: crea muri, danni, impossibilità ad arrivarci davvero a quella connessione con gli altri e crea sofferenza ancestrale.

Poi se sei fortunato, arriva un momento nella vita, solitamente “tardi”, dove fai pace col tuo corpo, lo ascolti, lo accetti.

E qui parte davvero un altro capitolo, un’altra vita.

Ho condiviso il tema anche qualche giorno fa, durante una delle migliori consulenze nutrizionistiche mai avute, con un professionista davvero bravo, si è parlato di dismorfismo corporeo ed accettazione, di quanto sia diffuso, di quante sfumature esso abbia e di quanto sia necessario parlarne senza pudore.

Dell’urgenza sociale di accettarsi, accettare, di riconoscersi e riconoscere le diversità ed unicità.

Dell’urgenza di continuare a coltivare quella differenza ontologica tra realtà oggettiva e percezione, tra osservazione ed interpretazione, tra fatti ed opinioni.

Dell’urgenza di non smettere mai!

Perché solo lì è racchiuso il vero senso di tutto ciò che ci connette meglio ai contesti che viviamo, alle persone, a noi stessi.

Vi prego di tenerne conto, tutti, in particolare voi consulenti d’immagine, voi personal coach delle soluzioni del corretto vestire, voi che girate sul web (perchè in azienda non ci mettete piede, lo so.) con i consigli preziosi su come presentarvi per essere vincenti,  voi che parlate di lifestyle ma cadete in burroni più grandi di voi da cui non riuscite mai ad uscire.

Perchè questi non sono disturbi, non sono patologie, sono fatti di vita che con un’intensità variabile toccano ciascun essere umano. Solo che nessuno ne parla.

Alla prossima

Davide

 

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Davide Etzi

Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, Economista aziendale, Executive Coach PCC ICF –  Founder di Humanev® (Persone, Processi e Profitti, per esseri Umani ed Evoluti)

Ci vediamo su LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/davideetzi/

 

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