Cosa c'è dietro alla positività a tutti i costi | Humanev®

Cosa c'è dietro alla positività a tutti i costi | Humanev®

 

Ricevo stamattina un link ad una landing page da un Cliente, accompagnato da un emoticon sorridente di compiacimento, dove il dipartimento marketing della sua holding estera aveva pubblicato una serie di infografiche sull’importanza dell’essere felici al lavoro.

L’azienda in questione non è proprio conosciuta come miglior fucìna di talenti, né per il clima sereno e di leadership autorevole e condivisa.

La mia risposta  (sarcastica, perché non ci si deve mai smentire), è stata: “Sembri uscito ieri dalla scuola materna” (siamo molto in confidenza), ma da quella chiacchierata ne è nata una riflessione.

Credo infatti che nel giro di qualche mese tantissime aziende si butteranno sul “business della felicità” ed il benessere dei dipendenti.

Ed è molto  probabile che altro non sarà che “marketing”, sano e funzionale.

Che c’è di male? Niente!

La realtà tuttavia ci sta restituendo forti segnali relativi a disagi da affrontare, di tipo economico, psicologico e sociale, oltre che sanitario, ça va sans dire.

L’esperienza professionale, personale ed accademica, mi ha sempre confermato che alcune tipologie di contingenze non si affrontano buttandola solo sul concetto di “felicità e positività”; anche perché molte aziende ci stanno provando (da anni) con progetti che nella maggior parte dei casi falliscono miseramente o nella migliore delle ipotesi diventano delle buone occasioni di intrattenimento e socializzazione, che hanno i loro effetti positivi, ma non intervengono tuttavia sui reali temi endemici.

Al netto di qualche display negli ascensori, nei corridoi e nelle sale ristoro in aggiunta a qualche giornata su empatia e positività, emerge poi un forte malcontento nel background di quegli stessi luoghi dove sono appesi i poster e le infografiche.

Spesso nei contesti della “positività a tutti i costi” si decide scientemente di dar poco spazio ai problemi, ma solo alle soluzioni (chissà quante volte l’abbiamo sentito), si decide di dar poco spazio all’ascolto del disagio, il disagio stesso diviene tabù; non si dà spazio alle interferenze o ai normali momenti di inquietudine esistenziale.

Ma tutti questi elementi, invece esistono e sono sempre esistiti e non solo:  fanno parte della fisiologica evoluzione dei contesti organizzati. 

Teniamo alta l’attenzione perché con gli eventi che ci stanno travolgendo e quello che ci attenderà nel post-pandemia, non saranno le azioni di marketing, né gli slogan #behappy #bepositive a produrre risultati; quelle sono azioni coadiuvanti e di supporto, che trovo comunque utili edulcoranti.

Ma (perdonatemi, ma ogni tanto il “ma” ci vuole), costruire “organizzazioni positive”  vuol dire altro.

Vuol dire andare oltre i processi di comunicazione, oltre le ripetizioni vocaliche continue, perchè temo che persone, gruppi e organizzazioni,  non si accontenteranno più di essere intrattenute, ma necessiteranno di un supporto concreto su vari livelli, per ripristinare un equilibrio socio-emotivo compromesso da un cambiamento traumatico e condiviso, che ha creato quell’inquietudine esistenziale di cui sopra.

Uniti ce la faremo solo mettendo da parte vecchie abitudini e cambiando la cultura del  pensiero “se non ne parlo e non si vede, non esiste”, perchè alcune cose ci sono sempre state, è solo che non hanno mai avuto occasione di manifestarsi.

Davide Etzi

Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, Economista aziendale, Executive Coach PCC ICF –  Founder di Humanev® (Persone, Processi e Profitti, per esseri Umani ed Evoluti)

Ci vediamo su LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/davideetzi/

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