Alzarsi dalla scrivania, lasciare l'ufficio e non tornarci più: oltre lo smartworking, soddisfazione e benessere! | Humanev®

Alzarsi dalla scrivania, lasciare l'ufficio e non tornarci più: oltre lo smartworking, soddisfazione e benessere! | Humanev®

Quando Psicologia, Economia e Politica, si incontrano per creare benessere sociale.

 

Tradizionalmente, non ci vogliono grandi studi per comprendere e dimostrare che sperimentare un periodo di disoccupazione porti ad un calo della soddisfazione e del benessere.

Esistono, tuttavia, recenti studi, dati empirici , oltre ad una mia diretta esperienza sul campo, che aggiunge ed integra una peculiarità importante.

Ma andiamo diretti al concetto che vorrei esprimere:

il benessere può compromettersi seriamente solo se ti trovi in ​​una situazione finanziaria molto stretta e negativa, ma se puoi avere condizioni di sussistenza che ti portano a soddisfare una serie di bisogni anche minimi per un periodo di tempo di circa un anno, potrebbe non essere così; anzi, la situazione potrebbe cambiare notevolmente e trasformarsi in una grande occasione per la tua vita, di sperimentare benessere, autodeterminazione e successo.

Lo studio e la ricerca di Jianbo Tuo, ricercatore e data scientist (* vedi studio nel link in calce all’articolo) , mi ha fatto riflettere fino al punto da voler condividere un contenuto che potremmo definire “scomodo”: 

se ti trovi disoccupato ma hai una condizione ancora stabile finanziariamente, ovvero quella sussistenza che ti permette di soddisfare  i primi tre gradini della piramide dei bisogni dell’inflazionatissimo Maslow, [citando i primi tre bisogni: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza], potendo vivere anche per un periodo medio lungo di circa un anno senza entrate, è altamente probabile che il tuo livello di benessere aumenti notevolmente.

Sto quindi azzardando un assioma che richiama quella situazione in cui una persona che sperimenta una situazione transitoria di disoccupazione, ma con quella capacità finanziaria temporanea per la sussistenza nei bisogni umani di base, accompagnata da una personalità ed un mindset dinamico e non statico (per citare Dweck), potrebbe vivere un aumento di profondo benessere e riconnessione con sé stessa.

Lo stesso progetto Humanev® , che seguo personalmente su individui e organizzazioni, è impostato su protocolli che, attraverso una adeguata consulenza e guida costante negli obiettivi e nelle azioni, accompagnino a ripercorrere e ricostruire una personalissima piramide dei bisogni, ridisegnando percorsi auto-realizzativi,  verso condizioni che aumentano quell’indice chiamato SWB  (Satisfaction Well Being), ovvero di soddisfazione e benessere.

Lo studio su cui baso la condivisione di questo contenuto ha utilizzato un ampio database di informazioni socioeconomiche tedesche, prendendo come base il gruppo socioeconomico  GSOEP       ( German SOEP – Socio-Economic Panel) per esaminare le differenti risposte alla disoccupazione.

Se dovessi trovare oggi un limite alla ricerca, farei riferimento al fatto che non sia uno studio cross-culturale, ovvero basato su una ricerca empirica su diversi Paesi, ma solleva comunque interessanti domande su come le idee politiche, come il reddito di base universale, come percorsi di supporto studiati ad hoc sui cittadini, come programmi effettivi di consulenza di carriera , e non “navigators” pescati in mare aperto, possano influenzare le risposte – di una certa categoria di persone – con una particolare struttura di personalità e un mindset dinamico.

Ho ben presente che la letteratura sulla felicità e sul disagio psichico e sociale rileva chiaramente che la disoccupazione diminuisce il livello di soddisfazione e benessere.

Tuttavia, circa la metà di coloro che sperimentano la disoccupazione, riescono ad attraversare dei momenti introspettivi che possono comportare inizialmente sintomatologia depressiva, ovviamente reattiva, con perdita di soddisfazione e benessere, ma lo stesso studio e indagini dirette empiriche dimostrano che se adeguatamente accompagnati con programmi di supporto, e di sviluppo di potenziale, si arriva, col tempo a sperimentare un aumento del senso di autoefficacia, che favorisce e stimola quelle leve motivazionali che aprono le porte ad un reinserimento lavorativo, ad un progetto professionale in linea coi propri valori, ad una ricollocazione più aderente al proprio modello di mondo.

Fior di esempi, ho già incontrato, durante il mio lavoro nei percorsi di empowerment in Humanev®, di persone che hanno creato impresa, rivoluzionato il loro modo in intendere e vivere il lavoro, che hanno creato valore ed impatto sulla comunità, con l’unico scopo di avere il governo ed il controllo dei propri domini esistenziali, e ritrovarsi in un’armonia sostenibile, nei ritmi e nella creazione di un valore, economico e sociale, riconosciuto.

Ed ora cosa me ne faccio di questo “pippone”?

La riflessione che ne traggo e che vorrei condividere con chi è arrivato a leggere fin qui, è che le forme di supporto, come l’assistenza nella ricerca di lavoro, la consulenza di carriera ed il coaching, dovrebbero concentrarsi particolarmente sulle persone con il minor numero di fonti di reddito, perché l’accompagnamento alla – scelta per valori e al cambio di mindset – non dovrebbe essere una prerogativa per “ricchi” e per chi ha capacità di reddito maggiori rispetto alla media.

Inoltre, questa “scoperta”, giustifica anche una tassazione progressiva: ovvero quelli con grandi redditi da ricchezza o altre fonti potrebbero non subire riduzioni di soddisfazione e benessere a causa di una perdita del lavoro, e quindi c’è la possibilità (e vi assicuro che c’è, perché vivo in un’area “fortunata” del nostro Paese e vedo questo di continuo), che le persone possano scegliere di diventare volontariamente disoccupati. E lo dico da persona che è stata nell’ultimo anno “massacrata” dalle tasse.

Infine, se gran parte dei disoccupati soffre di un minore benessere finanziario e di soddisfazione, questo ci suggerisce che la disoccupazione non è volontaria per tutti.

É probabile quindi che il migliore approccio per affrontare questo tipo di problema, sia quello di una profonda integrazione tra discipline come la Psicologia, l’Economia, la Sociologia e la Politica, ovvero abbracciare un approccio che consideri sì i fattori strutturali del mercato del lavoro, ma vada a concentrarsi in particolare su fattori che prestano MOLTA attenzione al mindset ed alla motivazione individuale, che guarda caso è il modello americano recente, che sta fra l’altro diminuendo notevolmente i livelli di disoccupazione.

Sarebbe davvero interessante poter svolgere questa tipologia di ricerca su un panel psico-socio-economico italiano, potremmo vederne delle belle.

Davide Etzi

Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, Economista aziendale, Executive Coach PCC ICF –  Founder di Humanev®

Ci vediamo su LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/davideetzi/

(*) https://www.researchgate.net/profile/Jianbo_Luo/publication/324659180_A_Pecuniary_Explanation_for_the_Heterogeneous_Effects_of_Unemployment_on_Happiness/links/5db9a7d692851c818018c32c/A-Pecuniary-Explanation-for-the-Heterogeneous-Effects-of-Unemployment-on-Happiness.pdf

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